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News ed eventi

Jorge Martinez, una storia di rinascita

08 Novembre 2021

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"Sono nato a Cuba. La mia ragazza, oggi diventata mia moglie, qualche anno fa ha trovato su Internet la segnalazione del concorso per entrare in Accademia e mi ha caldamente consigliato di provare. Mai avrei immaginato, neppure nei miei sogni, di poter arrivare fino a qui. Io nel tempio della lirica? Impossibile. E invece…"

 

Inizia così la nostra chiacchierata con Jorge Martinez, allievo cubano dell'Accademia di perfezionamento per cantanti lirici.

Jorge sarà alla Scala l'8 novembre 2021 per il concerto istituzionale, nell'ambito del quale otterrà il diploma. I suoi due anni milanesi, ricchi di successi e crescita personale, sono stati segnati anche da un'esperienza drammatica.

Raccontiamo dal principio...

 

"Dopo aver superato la prima selezione (tramite l’invio di un video), sono venuto a Milano ed ero così emozionato nel vedere il Teatro, già solo dall’esterno … figuriamoci quando sono salito sul palco per la finale. Sono rimasto almeno trenta/quaranta secondi senza parole. Non appena sono salito sul palcoscenico, mi è subito venuta in mente la storia di quel teatro, dei più grandi cantanti che si sono esibiti lì. Una magia. Non dimenticherò mai il momento in cui mi hanno comunicato che avevo superato anche la finale.

Ho iniziato il mio percorso a settembre del 2018. Ho studiato a Cuba, Conservatorio e Università, specializzazione in canto. Mio padre è un baritono. Il suo insegnante è colui che ha fondato il Teatro della nostra provincia, Holguin. Sono sempre stato in questo mondo. Anche mia madre è musicista, diplomata in chitarra e canto. In Conservatorio ho studiato corno francese per otto anni. Intorno ai 14-15 anni, quando ho avuto la muta della voce, è stata mia madre a consigliarmi il canto.

Ciò perché imitavo sempre mio padre. Una volta, dopo aver ascoltato una sua registrazione di Pagliacci effettuata al Miami Lyric Opera e dopo aver fatto l’ennesima imitazione, mia madre mi fece capire che avrei potuto provare. Due giorni dopo c’erano le prove di selezione per essere ammessi alla scuola di canto del Teatro della mia provincia. Le ho superate e ho iniziato a studiare seriamente".

 

Com’è Cuba?

Il popolo cubano definisce il proprio paese “un’estate per sempre”, non solo per il clima, ma anche per il carattere delle persone. A Cuba siamo felici, scherziamo, ci piace ballare, ascoltare tanta musica che arriva dal nostro folklore. Sentiamo costantemente il ritmo della vita, l’energia della vita. È un paese molto bello. Nelle province è molto diffusa la musica, a cominciare dalla mia Holguin, ma anche a L’Avana, a Matanzas dove si trovano i teatri più importanti del paese. Piace molto l’opera come anche la zarzuela.

Mi sono specializzato in canto lirico presso l’Università, quindi ho partecipato a un concorso all’Avana e poi è arrivata l’Accademia.

 

Oltre a tuo padre, quali erano i tuoi modelli?

La mia insegnante mi aveva fatto sentire un pezzo cantato da Renato Bruson, O placido il mare di Nicola Vaccaj. Per me è stata una vera folgorazione. Ho sempre amato il modo di cantare di Bruson, così elegante, la sua capacità di interpretare i personaggi. Lui è stato il primo cantante che ho sentito oltre a mio padre.

 

L’impatto con Milano com’è stato?

La città è bellissima. Forse voi italiani non vi rendete conto di quanto sia bello il vostro Paese. Devo solo dire che a Milano il clima è troppo rigido, abituato a ben altre temperature e soprattutto non uso al grigio del cielo che, ahimè, spesso incombe sulla città. Qui quello che mi manca di più è la luce, il sole. E poi sin dai primi giorni della mia permanenza a Milano mi è sembrato così strano che il colore grigio non si tramutasse in pioggia. A Cuba, se il cielo s’incupisce significa che è in arrivo la pioggia. Qui no. Comunque Milano è una città viva, frenetica, piena di energia.

 

L'8 ottobre 2018 iniziano le lezioni.

Le prime esperienze sul palcoscenico.

Nel dicembre del 2018 ho avuto subito l’opportunità di debuttare sul palcoscenico della Scala in un piccolo ruolo, quello del domestico di Flora in Traviata. Un’esperienza stupenda. Ero nervosissimo nonostante avessi un ruolo veramente piccolo. In quell’occasione per la prima volta ho visto da vicino Leo Nucci!

Avevo vergogna di parlare con gli artisti, ma piano piano mi sono acclimatato. Ricordo ancora, in occasione della prima prova, il momento in cui il maestro Chung ha affermato davanti a tutti che la mia parte, spesso giudicata di poco peso, in realtà è importante. Che brividi!

Con l’Accademia ricordo i concerti al Ridotto dei Palchi. A gennaio 2019 un concerto tutto dedicato a Mozart, preparato con Eva Mei in cui io interpretavo “Non più andrai farfallone amoroso” da Le nozze di Figaro e “Soave sia il vento” da Così fan tutte. Ricordo anche l’Invito alla Scala con Vincenzo Scalera a febbraio dove mi sono cimentato nel duetto de La forza del destino con il compagno di Accademia Riccardo Della Sciucca e il Terzetto di Madama Butterfly con Caterina Piva e Riccardo.

 

Che cosa ti hanno trasmesso gli insegnanti dell’Accademia?

L’insegnante a cui sono più vicino è sicuramente Luciana D’Intino, molto esigente, ma generosissima, una docente che veramente prepara alla vita professionale.

Non posso non citare il Coordinatore didattico, Paola Cavani, sempre presente e attenta. Stimo profondamente Vincenzo Scalera. Il lavoro che fa con noi è straordinario, ma già solo l’opportunità di vederlo, di ascoltarlo, è un dono grandissimo. Così anche Umberto Finazzi, maestro di rara sensibilità, che nutre un rispetto totale per i compositori, per Donizetti in particolare.

 

Qual è il repertorio che ami di più?

Verdi … Verdi … Verdi. Le uniche due opere che non siano di Verdi che mi danno le stesse emozioni sono Bohème e Tosca.

 

In quale opera ti vedi fra qualche anno?

Sicuramente Rigoletto, la mia opera preferita. Per il baritono è un’opera difficile, che richiede maturità e notevoli doti, ma bellissima. Il personaggio di Rigoletto presenta caratteristiche psicologiche di grande complessità. Questo ruolo deve essere affrontato con grande serietà e impegno, non si può prendere alla leggera.

Mi piacerebbe molto vestire anche i panni di Rodrigo nel Don Carlo e del Conte di Luna ne Il trovatore. Verdi ha scritto delle parti incredibili per i baritoni. E perché no? Anche Un ballo in maschera.

 

Parlami della tua esperienza nell’ambito del Progetto Accademia.

Sono stato nel cast di Gianni Schicchi per la regia di Woody Allen, al fianco di un artista del calibro di Ambrogio Maestri. Facevo il Notaio. A settembre ho ricoperto il ruolo di Don magnifico nella Cenerentola per i bambini, quindi una piccola parte ne Il Trovatore. E poi è iniziato il mio calvario …. La malattia …

 

Vuoi parlarne?

Se ora mi volto indietro, mi chiedo come io abbia fatto a superare tutto. Tutto è iniziato a dicembre, dopo l’ultima recita della Cenerentola per i bambini. Sentivo che qualcosa non andava, ero sempre stanco, affaticato. Continuando ad accusare questo malessere, febbricitante, sono stato ricoverato all’Ospedale San Carlo. Le analisi davano dei risultati non molto chiari. Sicuramente le mie difese immunitarie sembravano molto deboli, ma non mi è stato diagnosticato nulla di grave. Dimesso, mi sembrava di stare un po’ meglio, tanto da partecipare al concerto al Ridotto dei Palchi. Era il 21 febbraio 2020.

In quell’occasione interpretai il duetto del Trovatore con Clarissa Costanzo (Mira d’acerbe lagrime). Era venuto a sentirmi il mio agente, Luca Targetti. E poi … il dramma.

Scoppia il Covid. Luca Targetti ne rimane vittima e scompare improvvisamente a marzo.

Ho iniziato nuovamente a sentirmi male, ma vista la situazione d’emergenza, avevo timore di recarmi in ospedale.  Fortunatamente, dopo molte insistenze, da parte dell’assistente di Luca prima, e poi di una cara amica di Luca, mi decido. Su indicazione di quest’ultima trovo il coraggio.

Ricordo ancora ogni istante: l’arrivo in pronto Soccorso, con le corsie preferenziali per i presunti malati non Covid, le analisi, e il ricovero immediato in ematologia per ulteriori accertamenti.

La sentenza fu drammatica: leucemia, in una delle forme più aggressive.

 

Che cosa hai provato?

In quel momento mi è caduto il mondo addosso. Non ci volevo credere. Ma come? Non avevo mai avuto niente nella mia vita. La cosa più difficile è stato dirlo a mia madre. Prima ho chiamato mia moglie, poi mio padre e alla fine mia madre. Ho provato ad essere più positivo possibile. Lei era a Cuba. C’era il Covid. Al telefono sembrava che avesse accusato il colpo. Poi, più avanti, mi ha confessato che chiusa la telefonata con me è crollata in un’angoscia e una disperazione indicibili.

Per me si trattava veramente della prima volta di un ricovero in ospedale. All’inizio ho pensato che si fossero sbagliati. Ma non era così.

Dopo il primo momento di smarrimento, piano piano è nata in me la volontà di reagire. Credo che la volontà di vivere sia più forte di qualsiasi qualcosa. Ogni giorno che passa sei in grado di trovare una forza sempre maggiore.

 

Hai potuto fare un trapianto.

Sì, sono stato molto fortunato perché il donatore era un ragazzo più giovane di me. Solo due giorni prima di andare in ospedale avevo fatto richiesta al mio consolato di tornare a Cuba. Se io fossi tornato nel mio Paese, mi avrebbero messo in quarantena e forse non ce l’avrei fatta. La settimana dopo il ricovero avevano trovato il biglietto per me. Incredibile

 

Un’esperienza così come ti ha cambiato?

Vivere quello che ho vissuto ha cambiato completamente le mie priorità.

Tutti coloro che intraprendono la mia strada sperano di avere una carriera importante, luminosa. Anch’io, ovviamente. Ma questa esperienza mi ha fatto comprendere che esiste altro ed è più importante di qualsiasi cosa, di qualsiasi successo che puoi raggiungere: gli affetti, le cose semplici, insomma la vita.

Capisci che il tempo è veramente prezioso e che non puoi sprecarlo per delle sciocchezze. Ti rendi conto di chi siano veramente le persone di cui ti puoi fidare e a cui ti puoi affidare.

Devi frequentare solo chi ti fa stare bene, ed allontanare chiunque ti faccia del male. La vita è già piena di frenesia. Ho veramente imparato a godermi le cose belle della vita, le cose più semplici: il sole, la pioggia.

A volte insegui delle cose che ti sembrano importanti, ma poi ti rendi conto che non è così.

 

Il ritorno sulla scena sarà stata un’emozione fortissima.

Eh, sì. Innanzi tutto è stato come iniziare da capo. Ho dovuto partire dal respiro. Ho tenuto un primo concerto a maggio presso la Villa Reale, a cui ha fatto seguito il 3 giugno un concerto alla Scala, che ha decretato il mio ritorno sul palcoscenico. Una vera rinascita. Anche la mia voce è cambiata.

 

Tua moglie vive a Cuba?

Sì, ci siamo sposati quest’estate. Io in futuro voglio una famiglia con lei. E voglio essere con lei, lei è una pianista.

 

Tu hai vissuto quest’esperienza terribile in un momento così difficile, con i tuoi cari lontani.

È stata una prova durissima, che però mi ha temprato e mi ha fatto crescere.

 

Adesso sei tornato ad interpretare Don Magnifico alla Scala ne La Cenerentola per i bambini. Finalmente i teatri hanno riaperto con capienza piena.

Com’è andata?

E’ stato bellissimo. Devo dire che la malattia mi ha risparmiato il dolore per la chiusura completa dei teatri e per i concerti in streaming senza pubblico. Ho vissuto meno sulla mia persona questo terribile momento, a causa delle mie condizioni di salute. Seguivo i concerti in streaming in Scala, ma che sofferenza provavo per gli artisti costretti ad esibirsi nelle sale vuote! Ricordo un concerto di Tezier senza pubblico, che impressione. L’applauso finale del pubblico è ciò di cui ha bisogno un artista, è la restituzione di quello che tu hai dato.

 

Un pubblico di bambini quello della Cenerentola.

È vero, ma a me piace tanto perché i bambini non hanno filtri, sono sinceri, diretti, dicono la verità, trasparenti. Gli applausi degli adulti sono spesso di circostanza. I bambini invece esprimono tutto.

 

Tra pochi giorni, finalmente, il concerto istituzionale e il diploma. La tua famiglia ci sarà?

La mia famiglia purtroppo non potrà essere presente al concerto istituzionale. Non ci sono ancora le migliori condizioni per viaggiare.

 

Già. Ma non ti preoccupare. Abbiamo previsto la registrazione affinché ne possano godere in un secondo momento.

In bocca al lupo, Jorge.

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