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News ed eventi

La lighting designer Jenny Cappelloni

06 Marzo 2025

Il coraggio di mettersi in gioco

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Per la Hall of Fame incontriamo, questa settimana, la lighting designer Jenny Cappelloni.

Ti ricordiamo che le iscrizioni al Corso per lighting designer 2025-26 sono aperte fino al 30 aprile per partecipare alla prima sessione di selezioni e fino al 26 settembre per la seconda sessione.

Se sogni un futuro nel mondo delle luci, non perdere questa occasione: il corso si tiene ad anni alterni!

 

Jenny, sei sempre stata molto sicura di lavorare con la luce e con il mondo del teatro e degli eventi? Cosa ti ha portato a scegliere il Corso per lighting designer dell’Accademia?

Non è stata tanto una scelta, quanto una scoperta. Durante il mio percorso di scenografia, ho capito che tutto ciò che immaginavo aveva un unico denominatore comune: la luce. Non era un dettaglio secondario, ma il cuore pulsante della mia visione. Ogni spazio progettato vive solo attraverso il linguaggio luminoso. La luce definisce, scolpisce, racconta. Non potevo più ignorarla.

Dopo essermi confrontata con i miei docenti, ho iniziato a cercare ogni occasione per entrare nel mondo del lighting design. Ho cercato opportunità, mi sono proposta come assistente ogni volta che si presentava l’occasione. Ma la passione da sola non basta. Avevo bisogno di una base solida, di un metodo, di una struttura. Il corso è stato il passo necessario per trasformare quel desiderio in una professione consapevole.

 

Il corso era come te lo aspettavi? Hai un ricordo particolarmente speciale dei tuoi anni in Accademia?

Non avevo aspettative rigide, ma un obiettivo chiaro: assorbire tutto. Per me, la vera opportunità è stata il confronto con i professionisti, osservare da vicino i loro metodi, capire il loro modo di pensare.

Il momento più significativo? Le ore passate in teatro, in silenzio, osservando i lighting designer costruire uno spettacolo. Vedere da vicino come un progetto prende forma, dalla progettazione alla messa in scena, è stato fondamentale. Quei momenti mi hanno insegnato che questo mestiere è un equilibrio tra creatività e disciplina, tra tecnica e intuizione, tra collaborazione e visione personale. Il teatro è un organismo vivo, fatto di equilibri sottili tra tecnica, estetica e collaborazione. Quei momenti mi hanno insegnato più di qualsiasi teoria: mi hanno mostrato cosa significa davvero far parte di questo mondo in modo consapevole.

 

Dopo l’Accademia hai lavorato sia in Italia sia all’estero, in contesti importanti come quello della Fenice a Venezia, del Teatro Stabile del Veneto, del Teatro Real di Madrid, del Regio di Parma, del Maggio a Firenze, poi l’Estonia…ci racconti di come stai costruendo il tuo network lavorativo e di come stai crescendo professionalmente?

Ho capito che volevo essere parte attiva di questo mondo anche prima di iniziare il percorso in Accademia. L’Accademia costituiva per me un punto di arrivo per una formazione professionale che mi facesse acquisire delle competenze tali da permettermi di fare un netto salto di qualità. Ho bussato a porte che sembravano chiuse, ho preso l’iniziativa anche quando non avevo esperienza, offrendo impegno, passione e dedizione in cambio di fiducia e opportunità di crescita, pronta ad accettare il rifiuto.

Il network ha iniziato a delinearsi grazie a questi passi e, sicuramente, grazie al percorso fatto in Accademia, senza il quale non avrei imparato molte cose e conosciuto molte persone che hanno arricchito il mio percorso aprendomi la strada ad opportunità assolutamente uniche ed importanti. Ma costruire una carriera in questo settore non è questione di sola rete di contatti. L’esperienza si misura in anni e nella qualità del lavoro che lasci dietro di te. Ogni incarico – dalla Fenice al Teatro Stabile del Veneto, fino all’Estonia e alla Cina – è stato un tassello che ha affinato la mia visione.

Non è mai stato un percorso statico: ogni contesto ha richiesto capacità di adattamento, risoluzione di problemi e una comprensione sempre più profonda del mestiere, con annessi errori, i quali fanno parte dell’acquisizione di esperienze.

     

Oltre che in Light Design sei anche specializzata in Stage Design: come si influenzano tra loro? Pensi che siano competenze importanti da avere per lavorare al meglio in entrambi gli ambiti?

Scenografia e lighting design sono due elementi comunicanti. Un impianto scenico, architettonico o teatrale non esiste senza luce, così come la luce non ha senso senza uno spazio da trasformare e interpretare. La mia formazione in scenografia teatrale mi ha dato una chiave di lettura più ampia, permettendomi di analizzare le necessità di un progetto non solo dal punto di vista luminoso, ma anche strutturale e narrativo, oltre che a una lettura chiara dal punto di vista tecnico. Credo sia fondamentale avere questa sensibilità: isolare il lighting design dal resto del contesto significa rischiare di creare qualcosa di autoreferenziale, di tecnicamente perfetto ma privo di significato, sterile. La luce non è solo un effetto, è un linguaggio.

 

Che ruolo gioca la tecnologia e l’innovazione di AI nel tuo lavoro? Cosa ne pensi?

La tecnologia è un alleato potente, ma non può mai sostituire la creatività e l’esperienza umana. L’AI può essere utile per alcuni processi e per stimolare la creatività, ma il valore di questo mestiere sta nella capacità di interpretare, di scegliere, di dare significato a ogni decisione progettuale. Ho approfondito questo tema nella mia tesi magistrale, studiando l’impatto dell’AI sulla scenografia.

La mia opinione è chiara: è uno strumento che può essere interessante, ma non può mai rimpiazzare la sensibilità artistica, la visione personale e il pensiero critico umano. Un progetto di valore nasce dal dialogo tra tecnica, cultura, emozione e capacità di sintesi, non solo dall’efficienza di un algoritmo.

 

 

 

Secondo te, quale caratteristica bisogna possedere per praticare questo lavoro nel 2025? E insieme a questa domanda ti chiediamo, per concludere, un messaggio di "In bocca al lupo" per tutti i ragazzi e le ragazze che pensano di mandare le proprie candidature alla prossima edizione del Corso per lighting designer.

Il settore è in continua evoluzione. Rimanere rigidi nelle proprie convinzioni significa limitarsi. La vera forza sta nella capacità di adattarsi, di imparare e di reinventarsi ogni giorno.

E poi serve coraggio. Il coraggio di chiedere, di sbagliare, di affrontare responsabilità che fanno paura. Questo mestiere non offre certezze, ma premia chi ha la determinazione di costruire il proprio percorso con coerenza, passione e coraggio. Non ci sono scorciatoie. Si impara sul campo, affrontando ogni errore come un passo avanti e ogni sfida come un’opportunità di crescita.

A chi vuole candidarsi dico: seguite il vostro istinto. Metteteci tutto voi stessi. Questo settore non è solo un mestiere: è una disciplina viva, fatta di energia, intuizione e visione. Se dentro di voi c’è questa scintilla, non lasciate che la paura la spenga. Coltivatela, proteggetela. Fatela diventare il motore della vostra crescita. Perché in questo settore non vince chi ha solo talento.

Vince chi ha il coraggio di mettersi in gioco, ogni singolo giorno.



Crediti fotografici, in ordine di pubblicazione:

Marco Polo, Cina, 2024, Ripresa Lighting Design Jenny Cappelloni, su progetto originale di Fabio Barettin

Battaglia di Legnano, Teatro Regio di Parma, 2024, Lighting Designer Marco Filibeck, assistente Lighting Designer Jenny Cappelloni

Madama Butterfly, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, 2024, Lighting Designer Marco Filibeck, assistente Lighting Designer Jenny Cappelloni

Cavalleria Rusticana, foto durante la prova generale, Teatro la Fenice, 2023, Lighting Designer Fabio Barettin, assistente Lighting Designer Jenny Cappelloni

 

 

 

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