Con il soprano svizzero Nicole Wacker chiudiamo la serie “Uno alla volta, per carità!”, la rubrica dedicata ai Solisti dell'Accademia di Canto che il 15 ottobre 2023, in occasione del Concerto Istituzionale al Teatro alla Scala, riceveranno il Diploma dal Sovrintendente del Teatro, Dominique Meyer.
In questi giorni, con un’intervista e un video, vi abbiamo raccontato le loro storie e proposto alcune loro interpretazioni: con Nicole ascoltiamo una seconda versione de "Il vecchiotto cerca moglie" da Il barbiere di Siviglia.
Partiamo dal principio: com'è stato il tuo primo approccio all'Opera? Raccontaci come hai vissuto questa passione per il canto e le esperienze che ti hanno portata a decidere di venire a Milano per studiare quest'arte.
La mia famiglia ama molto l’Opera e ha sempre frequentato il Teatro, mio bisnonno e mia madre erano anche comparse! Quando c’era bisogno di bambini in scena anche io ho fatto qualche ruolo da figurante, quindi si può dire che vivo il palco da quando avevo 4 anni! Quando ne ho compiuti 7, i miei genitori mi hanno incoraggiato allo studio del canto e sono entrata nel Coro delle Voci Bianche a Zurigo, la mia città natale. Mi piaceva vivere quella “fantasia”, per me era come un gioco. Ricordo che a volte avevo la possibilità di stare vicino a cantanti molto bravi, e mi faceva sempre molta impressione la potenza della loro voce. Era qualcosa che mi attraeva molto e di cui ero affascinata. Col tempo, la mia voce si sviluppava sempre di più. Al liceo ho deciso di fare lezioni di tecnica vocale e per la prima volta sono stata seguita da un’insegnante bravissima che mi ha fatto entrare in un programma avanzato per giovani cantanti lirici. Facevamo masterclass, visitavamo conservatori e università dove ho avuto l’occasione di incontrare i Maestri con i quali mi sono poi formata a Berna. L’idea di entrare alla Scala non mi era vicina, non la contemplavo, perché non pensavo di essere abbastanza brava. L’idea che abbiamo della Scala è sempre come qualcosa di inavvicinabile, invece sono stata presa e ne sono stata estremamente grata!
Ci parli degli anni trascorsi in Accademia?
Mi sono trasferita a novembre 2021 e per me era tutto nuovissimo, anche se la mia casa natale in Svizzera è vicina all’Italia. Sapevo anche un po’ di italiano, ma appena arrivata in città non capivo molto, anche perché c’era il covid e facevo fatica a seguire il labiale o sentire bene la voce. Ricordo che i primi tempi tornavo a casa terribilmente stanca, perché mi sforzavo tutto il giorno di capire le conversazioni e di abituarmi a un ritmo diverso. Mi serviva un po’ di tempo, per abituarmi anche al nuovo metodo di insegnamento.
Per esempio, non ero solita seguire lezioni corali, in Svizzera erano sempre individuali, mentre qui in Accademia ognuno di noi si esibisce anche davanti agli altri. C’erano tante novità, ma le persone mi hanno aiutato tantissimo. La Sig.ra D’Intino soprattutto mi ha aiutato tantissimo con la mia voce. Mi ha aiutato a costruire il mio strumento e ora padroneggio ruoli complicatissimi come quello della Regina della Notte, che ho appena debuttato all’apertura di stagione del Teatro Ponchielli di Cremona. In Scala ho iniziato con i concerti al ridotto dei palchi e mi sono confrontata con pezzi che non pensavo miei e invece sono stata molto stupita. La mia prima volta sul palco scaligero poi è stato inebriante. Sostituivo una cantante principale ed è stato incredibilmente emozionante. Ho preparato tantissimi ruoli in questi anni e ho scoperto che la mia voce non si stancava e saltare da uno spettacolo all’altro non mi pesava. Non c’era tempo per pensare o per preoccuparsi, solo per agire. E ho scoperto che era l’atteggiamento migliore.
Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato ad oggi?
Secondo me la sfida più grande è il gestirmi bene ogni volta che c’è un periodo denso di impegni. Capire la tecnica per tenere la voce sana, riposarsi correttamente, organizzarsi bene con le prove etc. Io so che riesco a cantare tantissimo se sono in forma, ma è difficiline trovare l’equilibrio giusto a volte. Io sono una persona che ha un po’ di paura di perdere le occasioni e quindi direi di si a tutto, ma facendo così mi assumo anche dei rischi.
La carriera di un cantante lirico può essere tanto meravigliosa quanto impegnativa e sfidante. Ci possono essere pressioni, aspettative, rischi ma anche emozioni e soddisfazioni incredibili. Inoltre, nel tuo lavoro interpreti diversi ruoli che ti portano a vivere viaggi emotivi intensi: nel lavoro di interpretazione del personaggio senti le sue emozioni, i suoi pensieri, la sua tristezza e la sua gioia. È una esperienza che può essere molto profonda. In generale, questo lavoro è percepito da molti come molto affascinante ma anche molto complesso. Cosa ne pensi? Come gestisci gli aspetti più impegnativi di questa carriera?
Non posso dire di aver trovato una risposta o una ricetta ottimale per gestire tutto questo. Però io la vedo così: cantare è un po’ uguale alla vita, e dunque saper gestire le difficoltà di questo mestiere equivale a saper gestire le difficoltà della vita stessa. È importante salvaguardare la salute mentale, non solo quella fisica. Fare meditazione, yoga, riposarsi, esercizi di fiato, passeggiate, tenere un diario, fare sport, leggere, espandere la mente per capire quanto siamo piccoli in comparazione con tutto il resto, e lo dico in modo molto positivo. Per me è importante per rimanere umile. È importante capire che il mondo non gira intorno a te. Penso anche che bisogna parlare e confrontarci, condividere, essere onesti. E così non siamo d’improvviso più soli, e così stiamo meglio, sia nella gestione del lavoro sia nella vita in generale.
Si ringraziano tutti i sostenitori dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici
Soprano svizzero, allieva biennio canto
Dalla Colombia a Milano