“La mia carriera ha preso il via nella mia città natale, Buenos Aires, dove ho lavorato in teatro fin da giovane. Ho ricoperto vari ruoli, imparando da molti professionisti e forme d’arte diverse, dalla gestione del palcoscenico alla produzione.
Da allora, ho viaggiato e lavorato in diversi contesti nel Regno Unito, in Europa e oltre. Dopo aver completato il Master in Performing Arts Management, ho combinato il mio background multidisciplinare con competenze di gestione strategica, per promuovere l’azione climatica nell’ambito delle arti e della cultura”.
A raccontarsi per noi è Nicolás Conde, nuovo protagonista della Hall of Fame dei talenti dell’Accademia. Nicolás – che pratica attivamente arti performative e visive – è un ex allievo del Master in performing arts management e, oggi, è consulente per le arti e la cultura e project manager specializzato in azioni creative per il clima.
Nicolás, come si intrecciano alla tua storia personale le arti dello spettacolo: è un’eredità di famiglia o un amore arrivato per altre vie?
Grazie alla mia famiglia e alla vivace scena teatrale di Buenos Aires, ho sempre avuto una grande passione per il teatro. Da bambino, ho praticato abilità circensi e ho seguito workshop di teatro fisico, oltre ad aver avuto il privilegio di frequentare una scuola che offriva lezioni di recitazione opzionali. Inizialmente, queste attività erano principalmente spazi per il gioco e interazioni sociali, ma crescendo ho iniziato a sentire una maggiore passione per questo mondo.
I miei insegnanti (o mentori, come preferisco chiamarli) sono stati incredibilmente utili, invitandomi a vedere spettacoli o addirittura aiutandomi con le loro produzioni indipendenti. Non ero sicuro di cosa volessi fare esattamente, ma sapevo che volevo far parte della realizzazione degli spettacoli. Appena ho terminato la scuola, o forse anche un po’ prima, ho cercato di partecipare al maggior numero possibile di progetti. Dalla costruzione dei set e dal carico dei camion alla vendita dei biglietti o addirittura alla recitazione, ho avuto modo di partecipare a un numero enorme di spettacoli, imparare innumerevoli abilità e incontrare persone incredibilmente ispiratrici.
Imparare sul campo può essere una sfida e spesso comporta errori e frustrazioni, ma mi ha offerto la possibilità di assorbire tutto dall’interno. Credo fermamente che ogni esperienza sia stata fondamentale, indipendentemente dal lavoro o dal luogo, e che tutte abbiano contribuito al mio sviluppo professionale. Grazie a queste esperienze mi sono fortemente appassionato alle abilità creative e all’alto artigianato che si nascondono in ogni produzione dal vivo; guidare storie ed esperienze per trasformare il mondo che ci circonda.
Dove e come hai incontrato l’Accademia? Avevi in mente altre strade, per il tuo futuro?
Onestamente, è stato casuale (e fortunato); la magia di aprire e navigare tra un milione di schede del browser internet!
All’epoca lavoravo in ruoli di produzione tecnica coprendo numerosi spettacoli settimanali in tour, cercando un momento per fermarmi e studiare. Fino a quel momento non avevo avuto una vera esperienza accademica e desideravo un’opportunità per apprendere nuovi strumenti insieme a coetanei internazionali. Il mio percorso di sviluppo si è costruito principalmente sull’approccio del learning-by-doing e, sebbene io celebri molto quella scelta, mi sono reso conto che era un ottimo momento per immergermi in un ambiente educativo dinamico per integrare e rafforzare le mie competenze.
Dopo aver scambiato alcune email ed essermi immerso nel processo di candidatura, ho deciso: se fossi stato accettato, avrei fatto armi e bagagli e mi sarei trasferito a Milano! E sono davvero felice di averlo fatto.
Fra le varie materie affrontate durante il Master, quale ti ha incuriosito maggiormente e quale poi ti è tornata più utile, in termini molto pratici?
Non potrei mai sceglierne una sola! Sono stato colpito da molti professori, relatori e dal loro lavoro. Il MPAM è stata un’opportunità per assorbire, comprendere, sfidare e immergermi in una vasta gamma di temi e framework. Questo mi ha senza dubbio dotato di strumenti e strategie che hanno rimodellato il mio percorso professionale.
Ricordo il modulo di Storia della Musica come uno dei più impegnativi per me (dato che non avevo alcuna formazione musicale!) e tuttavia una delle esperienze di apprendimento più affascinanti e accelerate che abbia avuto.
Non posso sottolineare abbastanza quanto siano stati utili i workshop di Sponsorizzazione e Fundraising nei progetti su cui ho lavorato, e ogni modulo è vitale nell’approccio strategico ai modelli di produzione. È stato durante il workshop di Francesca Campagna che mi sono incuriosito sui modelli di produzione innovativi, che hanno avuto un enorme impatto sul mio progetto di laurea e sul successivo percorso verso la sostenibilità nelle arti e nella cultura.
In definitiva, i moduli o temi in cui avevo meno esperienza o conoscenza sono diventate le risorse più utili.
Qual è la sfida più grande che ti trovi ad affrontare nel tuo lavoro quotidiano?
Promuovere un settore culturale sostenibile e rigenerativo significa affrontare il cambiamento, che a volte può essere molto impegnativo. L’emergenza climatica e i suoi impatti non sono più problemi futuri, ma sfide contemporanee e urgenti per le società di tutto il mondo; e il settore delle arti performative non fa eccezione. L’adattamento e la mitigazione del clima spesso comportano una revisione dei processi di produzione, dei materiali e delle fonti di energia, delle dinamiche lavorative, dei modelli di governance, delle strutture di finanziamento e dei budget. Questo percorso climatico può anche portare a sentimenti di frustrazione, dolore e disperazione, sia per me che per i miei colleghi.
Il modo migliore che ho trovato per affrontare queste sfide è attraverso la pazienza, l’empatia e la cura.
Stiamo tutti cercando di fare del nostro meglio, e ogni singola azione (per quanto piccola) può essere significativa e avere un impatto. Cerco di connettermi con la natura il più possibile, di impegnarmi in conversazioni e di trovare resilienza nel connettermi con i colleghi che affrontano sfide simili.
Inoltre, amo leggere o ascoltare esempi e studi di casi ispiratori di azioni creative trasformative per il clima.
La notizia entusiasmante è che l’azione creativa per il clima non riguarda solo l’evitare o mitigare esiti catastrofici. Abbiamo l’opportunità di affrontare la sostenibilità in un senso olistico; coltivando arti performative giuste, sane e rigenerative, coinvolgendo il pubblico in conversazioni significative.
Sei cresciuto in ambienti molto diversi, per lingua, storia, arte e cultura. Dove pensi ci siano maggiori opportunità per i manager culturali?
Viaggiare, o cambiare contesto è un ottimo modo per fare un passo indietro e acquisire prospettive diverse. Ogni luogo, comunità e cultura sono differenti, ed è proprio questa la parte più arricchente. Amo esplorare, incontrare e assorbire le molteplici esperienze che ogni contesto può offrire, a volte in modo inaspettato. Per me, i luoghi sono strettamente connessi ai progetti professionali o personali a cui sto lavorando, alle opportunità di apprendimento che possono offrirmi e alle competenze o approcci che posso apportare in ogni contesto.
Le opportunità possono variare a seconda dei nostri interessi, esperienze, competenze linguistiche e comunicative, ma anche della nostra capacità di adattamento.
C’è anche un grande bisogno di un adattamento più ampio riguardo alle sfide che persone, natura e settore delle arti stanno e dovranno affrontare in tutto il mondo. In questo senso, trovo utile riflettere anche sulla necessità di professionisti culturali. Questa necessità può derivare dal numero o dalle caratteristiche dei posti da coprire, come in alcuni grandi centri culturali, o dalla mancanza di professionisti con una certa competenza all’interno di un territorio o di una comunità. A volte può essere entusiasmante e arricchente far parte di una grande e rinomata organizzazione, mentre altre volte ci può essere un’enorme opportunità nel unirsi a un progetto più piccolo dove le possibilità di sviluppo professionale possono essere estese.
In definitiva, è utile essere aperti alle opportunità che possono sorgere o che possiamo cercare, ma cercherei sempre di lavorare su progetti e in luoghi che sento significativi e di impatto per me in un determinato momento.
Ad esempio, attualmente sto lavorando a un progetto con colleghi dall’Argentina, focalizzato sull’azione creativa per il clima. Non lavoro nel mio paese d’origine da diversi anni, e sono entusiasta sia per l’opportunità sia per la necessità di collaborare per promuovere un cambiamento positivo in quel contesto.
Dimmi tre caratteristiche essenziali che deve possedere un buon manager della cultura e dello spettacolo.
Spiccate doti di problem-solving, creatività, generosità – ma ne aggiungo una, sopra a tutte: spirito di collaborazione.
Qual è il motivo per puntare su questo percorso di studi in Accademia e come consigli di affrontare le selezioni?
Il corso coinvolge una grande varietà di voci interessanti, tra cui professori e docenti ospiti, in un contesto pratico e collaborativo; è ideale per sviluppare competenze di gestione e strategiche per una vasta gamma di percorsi professionali. È anche una piattaforma eccellente per ottenere una buona comprensione del settore delle arti performative a livello internazionale, nel cuore della scena dell’opera, del teatro e della musica di Milano.
Vorrei anche sottolineare l’inestimabile opportunità di condividere un percorso di sviluppo con coetanei internazionali, costruendo una comunità professionale che va oltre la durata del corso.
La preparazione per le selezioni varia a seconda del background di ciascuna persona, ma direi che è utile riflettere sugli obiettivi di carriera e su come sfruttare al meglio il corso per raggiungerli. Consiglierei anche di esaminare i moduli per identificare le aree di particolare interesse o necessità di miglioramento.
Rafforzare le proprie competenze linguistiche, poi, è utile sia per le selezioni sia per il corso stesso.
E in bocca al lupo!